CONOSCERE RODANO
Con la pubblicazione di questo articolo apriamo una nuova rubrica chiamata CONOSCERE RODANO, curata dal nostro concittadino Domenico Barboni. Domenico ha accettato di collaborare con RodanoNews per offrire ai rodanesi vecchi e nuovi l’opportunità di conoscere meglio il paese, i suoi angoli nascosti, la sua natura, la sua storia e la sua gente.
Piccola presentazione
Chi è Domenico Barboni
Innanzi tutto è uno dei pochi rodanesi “DOC” rimasti, essendo nato e sempre vissuto qui. Ma evidentemente non basta.
La sua caratteristica fondamentale è l’amore non solo per questo paese, ma per l’intero territorio, che testimonia con lo studio, con le opere, con l’arte e con la sua passione per la documentazione e la storia.
Pur se autodidatta, ha sviluppato una conoscenza del territorio e dei suoi “abitanti” vegetali e animali tale da spingere vari esperti, anche universitari, a chiedere consigli e delucidazioni a lui. Nello studio “sul campo” si aiuta con la macrofotografia, una delle sue due arti, grazie alla quale ha documentato, ad esempio, il ciclo evolutivo di vari insetti, come la lucciola, “prima donna” del suo libro recentemente uscito. Più di una volta ha realizzato vere e proprie “nursery” di insetti nella cantina della sua casa, così da poter seguire passo per passo, anche a rischio di fare nottate in bianco, i vari passaggi della loro vita. E gli animali sentono il suo amore e il suo rispetto: in alcune sue foto sembrano mettersi in posa come consumate top model, per poi seguirlo quando se ne va.
Ma la sua curiosità non si limita alla natura: infaticabile raccoglitore di documenti che attestano la storia del passato locale, ha fortemente voluto e ottenuto nonostante tante difficoltà e ostacoli il “centro etnografico” con il museo della civiltà contadina e il Punto Parco Agricolo Sud Milano che si trova alla Cascina Castello e il restauro di Casa Gola. Ma non sono che due esempi.
Una sua caratteristica fondamentale è la silenziosa generosità con cui elargisce i suoi saperi e il suo amore per l’ambiente, soprattutto nelle scuole. Ci sono orde di bambini e ragazzi non solo rodanesi che hanno visitato la Cascina Castello, hanno ascoltato i suoi racconti e visto le sue immagini. Sospetto che ormai ne sappiano di più dei loro genitori, anche in considerazione di certi comportamenti sconsiderati verso la natura di alcuni adulti… Purtroppo, nonostante la totale gratuità dei suoi interventi, la crisi ha colpito anche questa attività, che è stata sospesa, speriamo solo momentaneamente.
La sua seconda arte è la pittura. I suoi paesaggi, protagonisti principali, possiedono una nitidezza che lasciano intuire una sua tendenza a distinguere con grande precisione fra ciò che è “in luce” e ciò che è “in ombra”, ma soprattutto, ancora una volta, il suo amore – oserei dire la sua tenerezza – per ciò che ritrae, che si tratti di paesaggi o “personaggi” di un passato che non è poi così lontano nel tempo cronologico, ma distante anni luce dalla nostra mentalità o “civiltà” di oggi.
Da rodanese “acquisita”, pur se ormai da tantissimi anni, quale sono, mi reputo fortunata e onorata dall’annoverarlo tra gli amici più cari e dal poter contribuire a diffondere quelli che reputo autentici tesori.
Gabriella Campioni per Rodano Solidale © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Fontanili, risorgive e marcite
Spesso i termini “risorgive” e “fontanili” sono usati come sinonimi, ma non sono proprio la stessa cosa. Entrambi si riferiscono a polle d’acqua che sgorgano dalla falda sotterranea, ma le risorgive sono spontanee, mentre i fontanili sono frutto dell’intervento dell’uomo anche se in zone già interessate da risorgive, ed è da questo che deriva la confusione.
Detto in parole poverissime, tale intervento consiste in un grosso tubo infisso nel suolo che crea un effetto sifone, facendo sgorgare l’acqua. Va da sé che, nonostante le protezioni poste sull’imboccatura, in esso si possono depositare foglie morte e altri materiali che l’intasano, perciò è necessaria una regolare manutenzione.
L’utilità di entrambi ha originariamente a che vedere con l’agricoltura, ossia con l’irrigazione dei campi, e con l’allevamento e il conseguente bisogno di foraggio, un tempo attività primarie nel nostro territorio proprio grazie a essi. L’acqua che sgorga, infatti, ha una temperatura costante compresa fra i 9 – 10 °C in inverno e i 12 – 15 °C in estate, il che ne permette l’utilizzo tutto l’anno.
Evidentemente le risorgive e i fontanili sono possibili nelle pianure alluvionali, ricche di acque sotterranee: oltre alla pianura padano-veneta se ne trovano nella pianura friulana e anche nella piana catanese, in Sicilia. Anche la composizione del suolo ha la sua importanza, in quanto devono esserci degli strati permeabili che permettono la raccolta nell’acqua in profondità, ma anche degli strati impermeabili di argilla che, impedendone l’assorbimento, ne favoriscono il riaffioramento, come si vede nell’immagine più sopra.
Com’è fatto un fontanile?
L’acqua sgorga in quella che viene chiamata “testa” e poi si diffonde nell’”asta”, dalla quale può venire prelevata per l’irrigazione, ma anche per altri utilizzi, ad esempio per i mulini che un tempo si trovavano numerosi nella nostra zona.
Una tecnica agricola particolare: le marcite
Il nome deriverebbe da pratum marcidum (da cui anche la nostra Cascina Pratomarzo) e ha a che vedere con l’antica usanza di lasciare l’ultimo taglio d’erba dell’inverno a “marcire” nel prato irriguo, ossia perennemente bagnato, fino al primo taglio della stagione successiva, che avveniva in marzo/aprile. Per questo alcuni fanno risalire l’origine del nome proprio al mese di marzo.
La tecnica sarebbe stata ideata dai monaci Cistercensi(*) e applicata nelle grange, le aziende agricole di proprietà delle abbazie. Consiste nella realizzazione di prati leggermente inclinati e collegati alle rogge a fondo cieco o ai fontanili: in tal modo l’acqua, che, come già detto, sgorga abbastanza tiepida, si mantiene in movimento grazie alla forza di gravità e alla spinta della polla e non gela mai. Questo permetteva di ottenere fino a otto o nove tagli d’erba all’anno e conseguentemente di alimentare sempre il bestiame con erba fresca. Se ne ricavavano latte e derivati che primeggiavano in Europa!
Il principio sembra abbastanza semplice, ma richiede conoscenze idrologiche avanzate e precise. Sul lato del campo opposto alla roggia o al fontanile di alimentazione veniva situata una roggia drenante e l’acqua così raccolta veniva utilizzata per irrigare un campo più a valle e così via, fino a che le acque non diventavano troppo fredde o scarse per ulteriori utilizzi. Un capolavoro di riutilizzo e di sostenibilità, insomma.
Il corretto funzionamento dell’intero sistema veniva sorvegliato dal camparo, che conosceva alla perfezione tutte le vie d’acqua e regolava il flusso (diminuendolo nel periodo caldo e aumentandolo nel periodo freddo) aggiungendo o togliendo le piccole tavole di legno di cui erano composte le paratie.
Un po’ di storia
Come tutto, sul nostro pianeta, anche le risorgive hanno i loro pro e i loro contro. Utilissime, come si è detto, per l’agricoltura, soprattutto nell’antichità potevano rappresentare una difficoltà nelle zone urbane, infatti gli scavi archeologici hanno rilevato condutture per far defluire l’acqua e incanalarla verso le aree agricole.
Non si sa con precisione chi abbia “inventato” i fontanili, ma pare che le prime, rudimentali strutture di tale tipo risalgano all’epoca dell’invasione islamica della Sicilia, un secolo prima dell’anno Mille. Tuttavia il primo documento disponibile che riporta con certezza il termine fontanile risale al 1386 ed è costituito da un atto notarile della zona di Segrate, conservato nell’archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano.
In effetti gli storici presumono che la diffusione dei fontanili nella Pianura Padana abbia avuto inizio all’inizio del secondo millennio, nell’ambito di una vasta opera di bonifica idraulica alla quale avrebbero fortemente contribuito i Monaci Cistercensi(*) installatisi a Chiaravalle Milanese e in altre abbazie più o meno vicine.
Un triste declino
I Monaci Benedettini, ai quali si deve un inestimabile contributo alla ripresa della vita dopo il difficile periodo del Medioevo, avevano ideato già dal 300 (non 1300!) la tecnica della rotazione agricola. In pratica, in uno stesso campo venivano seminati prodotti diversi ogni tre anni, scegliendoli in modo che ogni coltura desse al terreno le sostanze che venivano consumate dalla coltura precedente. Tutte le piante, infatti, prendono e cedono sostanze diverse al terreno. E anche questo è un capolavoro di sostenibilità.
Con l’avvento del “progresso” si è cominciata a praticare la monocoltura, ossia sempre le stesse piante nello stesso campo: ad esempio il mais, come è ben visibile nella nostra campagna. E le sostanze che esso consuma dal terreno vengono rimpiazzate dai fertilizzanti… Con il dubbio che prima o poi il terreno possa “scoppiare” e diventare sterile… e con grossi dubbi riguardo a ciò che mangiamo, anche se il mais coltivato qui da noi è destinato all’alimentazione animale.
Contemporaneamente, anziché mantenere i fontanili, che richiedevano un’impegnativa e costante manodopera, gli agricoltori hanno via via preferito utilizzare l’acqua dei consorzi, che tuttavia è soggetta a regole (e costi): nelle nostre rogge sono ben visibili le chiuse che servono a far affluire o arrestare l’acqua.
In pochi anni, la ricchezza delle nostre aree verdi, dovuta principalmente all’acqua e alla sapienza di chi ci ha preceduto, si è andata perdendo. Molti fontanili sono scomparsi, i mulini e alcune cascine finiti in rovine…
Con tutto ciò, ovviamente, non intendo in alcun modo “demonizzare” il progresso, che ci ha permesso conquiste enormi, tuttavia “forse” sarebbe bene recuperare almeno parte di quella sapienza se non altro per riguadagnare un atteggiamento più rispettoso verso la terra… e in definitiva verso noi stessi.
A che cosa serve un fontanile oggi?
Decaduto, o fortemente diminuito, l’utilizzo per l’agricoltura, un fontanile oggi “dovrebbe” rappresentare una grande risorsa ambientale. Nel corso dei secoli, queste aree si sono popolate di diverse specie vegetali e animali, a volte uniche, come nel caso delle nostre Sorgenti della Muzzetta, diventando autentici biotopi(**) o nicchie ecologiche in cui quelle specie trovano l’ultimo rifugio per evitare l’estinzione. In un prossimo articolo parlerò dell’importanza della biodiversità, ma per il momento mi limito a sottolineare il valore che i fontanili hanno vuoi per la qualità dell’aria che respiriamo, vuoi per l’effetto mitigante che hanno sulle temperature estive.
E non da ultimo, c’è il fatto che il verde è un bisogno anche per l’anima e per l’umore: quanti “neo-rodanesi” sono venuti qui anche per sfuggire al cemento delle città? E allora, manteniamolo, rispettiamolo e amiamolo…
Domenico Barboni © RIPRODUZIONE RISERVATA
(*) I Cistercensi sono gli appartenenti all’ordine monastico nato nel 1098 in Francia, a Citeaux (in latino Cistercium, da cui il nome), e comunque una derivazione dei Benedettini, alle cui regole si attenevano strettamente, in particolare all’Ora et labora (Prega e lavora). Nel 1112 entrò nell’ordine Bernardo di Fontaines, che verrà poi chiamato di Clairvaux (italianizzato in Chiaravalle) dal nome della prima di molte abbazie da lui fondate. Da qui derivano le due “Chiaravalle” che si trovano nella nostra zona: quella milanese, vicino a noi, e quella detta “della Colomba”, ad Alseno, in provincia di Piacenza. Ma non sono le sole costruite secondo i suoi intendimenti, anche dal punto di vista architettonico, e non solo nella Pianura Padana.
(**) Un biotopo è un’area di limitate dimensioni in cui vivono specie animali e vegetali “in libertà”, costituendo un ecosistema non influenzato, o poco influenzato, dall’uomo. In alcuni biotopi si trovano specie e caratteristiche irripetibili, il che li rende particolarmente importanti in quanto rappresentano gli unici luoghi in cui vivono specie autoctone, ma i cambiamenti territoriali e climatici in atto li rendono fragili…
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