LETTERA ALLA REDAZIONE
Umberto Baldini ci ha lasciati il 23 luglio 2014.
I Baldini sono la primissima famiglia che incontrai venendo ad abitare a Millepini, nell’ahimè lontano 1970. Le “case rosse” non c’erano ancora tutte e, di quelle costruite, ben poche erano abitate. Ma c’erano diversi bambini, inclusi i loro e i miei, che “razzolavano” nei prati ed entravano e uscivano liberamente dalle case perché nessuno chiudeva a chiave… Proprio come oggi, no?
La calda amicizia che era naturale che si instaurasse era rafforzata dal fatto che la moglie di Umberto, Arge, teneva i miei figli quando non erano ancora in età da scuola materna e, qualche anno dopo, i loro furono miei scolari alle elementari. Durante il felice periodo del palio, Arge cucì una montagna non solo di costumi e il figlio Tiziano diventò ufficialmente “sbandieratore capo e insegnante”, ma parteciparono tutti, sempre con il massimo entusiasmo. Una “grande” famiglia in tutti i sensi, insomma.
Quando cominciai a collaborare come volontaria con il gruppo di adozioni a distanza “Aleimar” di Melzo, Umberto non solo si lasciò facilmente trascinare, ma continuò anche quando io lasciai. Si occupava soprattutto dei progetti in Africa, dove si recò svariate volte, rivelando fin da subito la grandezza del suo cuore.
Dapprima appassionato di argomenti scientifici, un po’ alla volta si aprì a una via spirituale che sarebbe diventata il sottofondo principale della sua vita. Incurante di eventuali commenti della gente, non perdeva occasione di parlarne, pur rispettando appieno il parere altrui, né di coinvolgere gli “Amici” in ogni situazione, inclusi i viaggi in Africa in cui spesso si incontravano difficoltà di ogni tipo, o quando c’era qualcuno da aiutare.
Qualche giorno prima che se ne andasse lo incontrai casualmente all’Ospedale di San Donato; era chiaramente sofferente, ma non aveva perso la sua verve né la sua capacità di prendere tutto in maniera positiva e scherzosa, mi disse che non vedeva l’ora di incontrare la sua “Guida”, Irene. Salutandolo, gli misi una mano su una spalla, sentendo solo ossa e provando un’enorme pena e tenerezza. Chissà, forse il suo cuore era diventato troppo grande per essere contenuto in un corpo fisico.
Non ho potuto partecipare alle esequie perché ero via, ma mi dicono che non ci sia stata alcuna tristezza, bensì gioiosità grazie alla fede, che condivido, che la Vita non si esaurisca con il passaggio sul Pianeta Terra. Non mi resta quindi che mandargli un “ciao” con grandissimo affetto… Sono certa che sentirà entrambi. E spero tanto che, come diceva spesso, se la stia ridendo e trovando le risposte che cercava qui…
Gabriella Campioni © RIPRODUZIONE RISERVATA
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