Pessimismo o realismo?


Impatto dell’uomo sull’ambiente

Oltre ai cambiamenti climatici, le attività umane stanno portando altri cambiamenti, forse ancora più rapidi e di cui si parla meno, ma che forse hanno impatti ancora più seri.

In questi giorni mi è capitato prima di sentire in TV alcuni numeri e poi di trovarli assieme ad altri in vari siti internet e mi è sembrato che fossero allarmanti e significativi almeno quanto quelli sui cambiamenti climatici, ma che non fossero altrettanto noti, anzi che non se ne palasse mai.

Il cambiamento nella quantità e qualità degli esseri viventi

Lo studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (USA) nel giugno 2018, è stato condotto dal Weizmann Institute of Science di Israele.

Sono state valutate, sulla base di ricerche precedenti e con tecniche diverse, le “quantità” di esseri viventi presenti sul pianeta per diverse categorie. La misura indica il peso della biomassa per ciascuna categoria, sia in assoluto che in percentuale.

I dati attuali

La massa totale di esseri viventi, compresi batteri e piante, è stimata in 550 Gigatonellate (miliardi di tonnellate).

Di queste l’uomo rappresenta lo 0,01%. Alcuni degli altri gruppi di esseri viventi sono distribuiti più o meno in questo modo:

  • i virus sono il triplo
  • i vermi sono il triplo
  • i pesci sono 12 volte tanto
  • insetti, ragni e crostacei sono 17 volte tanto
  • i funghi 200 volte tanto
  • i batteri 1.200 volte tanto
  • le piante 7.500 volte tanto

Un altro dato interessante è che l’86% degli esseri viventi vive sulla terraferma, solo l’1% negli oceani e il 13% (in gran parte batteri) nel sottosuolo.

L’impatto dell’uomo sulla natura è già valutabile ad un primo sguardo analizzando la distribuzione di mammiferi:

  • il 4% dei mammiferi è selvatico
  • ll 36% sono esseri umani
  • il 60% sono allevati dall’uomo

e ancora di più guardando gli uccelli: il 70% degli uccelli del pianeta è pollame allevato dall’uomo.

Confronto tra l’arrivo dell’uomo ed oggi

L’uomo è arrivato circa 50.000 anni fa e tra allora e 7.000 anni fa c’è stata quella che per gli scienziati è la sesta estinzione di massa, in gran parte dovuta alle attività di caccia dell’uomo: le specie di animali di peso superiore a circa 45 chili, maggior oggetto della caccia umana, si sono ridotti della metà.

Ma il danno quasi incredibile è avvenuto negli ultimi 50 anni, con l’intensificarsi dell’agricoltura, dell’industria e l’aumento esponenziale della popolazione umana. Sono scomparsi globalmente la metà degli esseri viventi e in particolare:

  • l’83% dei mammiferi selvatici
  • l’80% di quelli marini
  • il 50% delle piante
  • il 15% dei pesci

Il degrado dell’ambiente

Lo studio Land Degradation and Restoration Assessment è stato pubblicato nel marzo 2018 da Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES), organismo che comprende 100 nazioni membre dell’ONU.

Fra i tanti dati che le quasi 750 pagine dello studio riportano, sono particolarmente impressionanti questi:

  • Oggi solo il 25% della superficie terrestre è in condizioni naturali, il resto è alterato dall’uomo. Con il ritmo attuale di sfruttamento, nel 2050 la superficie in condizioni naturali si ridurrà al 10%
  • Negli ultimi 50 anni abbiamo perso l’87% delle zone umide
  • Sempre negli ultimi 50 anni abbiamo perso il 20% delle foreste amazzoniche
  • dal 2000 al 2010, in soli 10 anni, abbiamo perso in 46 paesi tropicali il 40% di foreste per l’agricoltura industriale, il 33% per quella di sussistenza e il 27% per l’urbanizzazione

Qualche osservazione sintetica non ottimistica

Tutti i cambiamenti che stiamo apportando conducono essenzialmente a due conseguenze: la diminuzione delle risorse disponibili e della biodiversità.

Le risorse

Il mondo non è infinito e la popolazione umana continua a crescere, ma, ancora peggio, il modello economico su cui ci basiamo impone una crescita continua dei nostri consumi, sia per motivi strettamente legati all’economia sia per migliorare la qualità di vita delle popolazioni.

Senza dare dei numeri che comunque allo stato attuale della ricerca sarebbero imprecisi e contestabili (anche gli stessi autori della cosiddetta “impronta ecologica” ne hanno evidenziato i limiti), è fuori di dubbio che a livello mondiale siamo ai limiti e che nei paesi industrializzati li abbiamo superati. Un segnale di questo è anche l’attuale crisi economica mondiale, in cui fra le tante cause c’è anche il fatto che ognuno vorrebbe produrre più di quello che consuma per poterlo vendere, ma cominciano a mancare i compratori.

La biodiversità

La vita si è sviluppata sulla terra grazie all’evoluzione. L’evoluzione è un meccanismo per cui di tutti gli errori che avvengono nel replicare il DNA nella riproduzione degli esseri viventi, quegli errori che creano difetti vengono eliminati perché l’organismo che li porta è perdente, mentre quelli che permettono di migliorare la sopravvivenza si trasmettono agli eredi: è un puro fatto statistico.

Più sono vari gli organismi viventi in un certo momento, più è facile che ve ne siano capaci di sopravvivere a cambiamenti più o meno rapidi nell’ambiente.

La storia della terra ha visto 5 estinzioni di massa causate da eventi che hanno cambiato rapidamente (per i tempi geologici) l’ambiente, 6 se comprendiamo quella causata dall’uomo negli ultimi 50.000 anni di cui si è detto in precedenza. Sono sopravvissute le specie viventi che avevano maggiori capacità adattative e in particolare quelle categorie di specie che avevano più varietà al loro interno, sempre per motivi di probabilità.

Difficilmente la vita cesserà sulla Terra prima della fine del sistema solare (o quasi), ma è evidente che la specie umana sarà destinata ad estinguersi molto prima perché probabilmente non sarà in grado, come tante altre specie, di adattarsi ai cambiamenti rapidi che stanno avvenendo nell’ambiente in cui vive. A livello di curiosità, fra i milioni di specie di insetti e di batteri, è stato verificato che una di queste, il geogemma barossii (per la precisione facente parte degli Archei, organismi più semplici ancora dei batteri), si è moltiplicato mentre veniva tenuto a 121 gradi, raddoppiando la popolazione in 24 ore. La temperatura di 121 gradi è usata nella autoclavi per la sterilizzazione perché era ritenuta in grado di eliminare qualunque essere vivente.

Se non sarà il geogemma, qualche altra specie nascerà dall’evoluzione e si adatterà e la Terra sarà sempre popolata, ma non ci saremo noi a godercela.

Claudio Farinati

2 Risposte

  1. Bellissimo articolo ….grazie Claudio

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  2. Dati di precisione ‘ingegneristica’. Allora che cosa facciamo: aspettiamo la fine, ci spariamo prima tutti o tiriamo fuori qualche idea costruttiva, ognuno di noi? Nonostante tutto, continuo ad avere fiducia nel genere umano e soprattutto nel nostro pianeta. Certo, bisogna cambiare mentalità…

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